Oggi fare una pianificazione affidabile di business che vada oltre l’orizzonte di tre anni risulta veramente difficile. Quando infatti trattiamo di prodotti soggetti a fenomeni di moda o di evoluzione tecnologica il ciclo di tre anni diventa un limite dal quale è sempre più difficile discostarsi. In tale ottica, le priorità che vedo non possono che essere l’urgenza di innovare e l’esigenza di una grande lavoro di squadra.

Fare innovazione presuppone, a mio avviso, tentare, laddove possibile, di liberare i propri uomini da quella cultura tipicamente ingegneristica della paura dell’errore. Una frase di Disney, che mi ha molto colpito, recita: “se vuoi aumentare l’innovazione all’interno delle tue squadre devi accettare che il tasso di errore duplichi o triplichi”. Inutile dunque parlare di innovazione se non si è pronti a correre tale rischio. Ma di che sorta di errori parliamo? Dove possiamo applicarli? Non esiste certo una ricetta unica ovunque e in modo indiscriminato, ma è fondamentale arrivare a una cultura non solo di accettazione ma addirittura di celebrazione dell’errore.

Lo spirito di squadra richiede invece una delicata gestione poiché in un team chi non lo possiede è destinato a fallire, ma averlo comporta il rischio di essere superati da qualcuno più egoista. Sta dunque soprattutto al leader condurre un lavoro di bilanciato dosaggio mediante una valutazione molto più individuale che non quantificabile. È facile infatti che il particolare impegno del singolo possa stemperarsi e offuscarsi all’interno del risultato di squadra e quindi decadere in un allineamento verso il basso: fare emergere l’eccellenza consiste nella capacità di gestione di gruppi, tipicamente composti da poche unità e dove è possibile dirigere una fluttuazione delle persone più coese. Non solo la visione, ma anche l’innovazione senza l’implementazione valgono poco e per implementare ci vuole grande lavoro di squadra e grande organizzazione.

Ma alla fine, sono convinto che qualsiasi priorità i tempi ci impongano non credo potrà mai essere perseguita se smetteremo di sognare. Quando la dimensione del sogno si spegne, tutto infatti viene meno e si perde quel desiderio di fare qualcosa di migliore che è il vero motore di ogni cosa, dal punto di vista non solo lavorativo ma anche umano nel suo complesso. Quindi, la principale cosa che mi sento di ribadire è:

continua a lavorare duro ma non smettere mai di sognare.

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